Da ragazzo (e forse anche voi) mi fermavo, ammirato, ad ascoltare lo zampognaro. Nei giorni prima di Natale visitava case, negozi e vie della città. Nella testa mi fingevo le terre lontane e le montagne da cui arrivava per annunciare che era tempo di prepararsi alla nascita di Gesù. Non era Natale senza lo zampognaro!
Oggi è diventata una figura rara. Aveva un tipico vestiario: giubbotto di montone e cappello di velluto. Ai piedi aveva le zaricchie ed era avvolto in un mantello nero. Suonava le nenie natalizie e riceveva in cambio cibo, vino o soldi. Era una figura avvolta nel mistero ed incarnava il Natale partenopeo. Era un mestiere che si tramandava da padre in figlio e si poteva esserlo solo ad una certa età. Il suo modo di essere e di vestire ricordava l’umiltà del Natale, spirito abbastanza raro da ritrovare oggi.
Le nenie più suonate erano e sono tutt’ora: “Tu scendi dalle stelle” e “Quanno nascette Nino”. Entrambe composte da Sant’Alfonso Maria dei Liguori, nato a Marianella, quartiere di Napoli. Scelse di usare la zampogna per insegnare le preghiere ai “lazzarielli”, i poveri ragazzi di Napoli.
Voglio ricordare che la zampogna è realizzata con un otre di pelle di capra, ricoperta di pelo ed è munita di canne in cui si soffia. E poichè siamo a Napoli non possono mancare gli amuleti che la ricoprono per proteggerla dal malocchio. Una sintesi di profano, superstizione e religione ancora una volta fuse in una cultura partenopea che non ci lascia mai.
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