Quando il cibo diventa filosofia: O’cuoppo

L’uomo è ciò che mangia diceva il filosofo Ludwig Feurbach: questo è quello che succede quando la filosofia incontra il cibo.
Napoli ama sempre distinguersi per cui non si esagera se si afferma che ha realizzato una vera e propria commistione tra cibo e filosofia: nella città partenopea il cibo stesso è la filosofia!
Una delle correnti filosofiche più caratteristiche in fatto di gastronomia è quella afferente al “cuoppo”, un involucro di carta paglia, di forma conica, che racchiude al suo interno piccole pepite di frittura dorata dal profumo irresistibile, delizia dello street food.
Le sue origini non sono recenti ma risalgono al 1800, come si legge nelle cronache dal titolo “Il Ventre di Napoli” della scrittrice e giornalista Matilde Serao.
Il cuoppo nasce come cibo semplice venduto sui carretti, destinato a sfamare i cittadini meno abbienti di Napoli: il friggitore accettava anche un pagamento dilazionato o a debito, da saldare entro otto giorni; da qui la formula “da oggi a otto”.
Oggi, i seguaci della “filosofia del cuoppo” sono persone che amano coccolarsi, concedendosi una tantum un peccatuccio di gola che ha lo stesso effetto della serotonina: mette il buonumore.
Per i sognatori, per chi ama evadere con la mente, c’è il “cuoppo dal sapore di mare” con anellini di calamari, alici, baccalá, moscardini, zeppoline di alghe: tutto rigorosamente fritto.
Basta chiudere gli occhi e lasciarsi guidare dal profumo avvolgente e dal sapore unico di quelle pepite di cibo per immaginarsi in riva al mare, nella più totale pace dei sensi.
Per le persone pragmatiche, che amano i sapori veraci e genuini c’è la versione “cuoppo di terra” con una fantasia di fritti seducenti ad ogni tipo di palato: panzerotti, mozzarelline fritte, frittatine di pasta, verdure in pastella, arancine e ogni altro ben di Dio che una mente sia capace di immaginare e uno stomaco di digerire.
Fedele al principio “varietas delectat“, il cuoppo conquista con il suo assortimento di cibi sfiziosi e stuzzicanti – che soddisfano la vista prima ancora del gusto – ed esalta la creatività gastronomica di una città in cui il nutrimento non è un mero supporto energetico, ma carica emotiva, spirito vitale, esperienza sentimentale.
Insomma, a Napoli il cibo è filosofia perché attività spirituale prima ancora che corporale.

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