Libero Bovio – Vincenzo d’Annibale
Gli anni Venti del Novecento sono quelli durante i quali partono centinaia di “bastimenti” e trasportano oltre due milioni di italiani in “terre assai lontane”.
Libero Bovio non rimane indifferente allo sradicamento cui sono costrette queste persone e molti dei suoi versi in quegli anni sono improntati al tema dell’emigrazione. Nel 1925 scrive Lacreme napulitane e ’O paese d’ ’o Sole.
Il protagonista di quest’ultimo brano è un emigrante che non ha più sopportato la lontananza ed è tornato in patria. Già quando arriva alla stazione e comincia a respirare l’aria di Napoli sente nel suo cuore esplodere una incontenibile felicità.
Prova la gioia di un bambino a cui è stato regalato un giocattolo a lungo desiderato. Non riesce a contenere quel sovrapporsi di emozioni. L’incredulità, l’allegria e la felicità che gli impedisce di trattenere le lacrime.
Le quattro mura di Posillipo
Ritrova di colpo i profumi e i suoni che per troppo tempo gli sono mancati. Come ha fatto, si chiede, a vivere lontano dalla città del Sole e del mare? Da quella Napoli che con le sue magiche atmosfere riesce trasformare in parole d’amore non solo quelle dolci ma anche quelle più amare?
Egli si accontenta di poco. Gli basta la sua piccola casa di Posillipo. Oggi diremmo e chiamalo poco! Ma allora era una piccola frazione. Un luogo più ameno senza ombra di dubbio ma non ancora la vasta area residenziale che è diventata adesso.
Comunque, il nostro emigrante torna a godersi la sua casa “poverella” con il suo giardino sempre in fiore e la nepitella che diffonde il suo intenso profumo di menta.
La ricchezza dell’amore “dint’a sti qquatto mure”
E in questo ritrovato ambiente familiare ragiona sulla sua scelta di vita. È vero che all’estero forse avrebbe potuto avere fortuna e diventare ricco. Ma che vita sarebbe stata? Lontana dall’unico luogo in cui si vuole stare.
Queste ultime parole però sembrano lasciar trapelare un certo timore per le speranze che ha lasciato oltreoceano e le incertezze sul futuro che troverà a Napoli.
Forse è per questo che chiede di preparare del vino fresco per berne tanto. Fino ad ubriacarsi.
Si consola però pensando che tra le mura di quella sua “casarella” lui ha tutto quello di cui ha bisogno. La vicinanza della mamma e il calore della sua amata.
Questa considerazione viene espressa nelle due strofe che precedono il ritornello finale. E sono quelle che sceglierà Vincenzo d’Annibale, autore della musica, come epigrafe per la lapide della sua tomba.
’O paese d’ ’o Sole è stata interpretata da grandi tenori, quali Mario Del Monaco, Giuseppe De Stefano, Luciano Pavarotti. Ma i cantanti che hanno legato maggiormente il proprio nome a questa canzone sono Mario Abbate, Ernesto Murolo, Claudio Villa, Bruno Venturini.
Una menzione particolare merita la sontuosa esecuzione live dei giovani del trio Il Volo e Plácido Domingo, durante una serata tributo ai Tre tenori (Pavarotti, Carreras, Domingo), nel 2017
Legame speciale di Vincenzo d’Annibale con ’O paese d’ ’o Sole
L’autore della musica, Vincenzo d’Annibale, nato a Napoli nel 1894, si diplomò appena diciannovenne al Conservatorio di San Pietro a Maiella. Oltre che compositore, fu pianista e direttore d’orchestra.
Ancora giovanissimo riscosse notevole successo come concertista negli ambienti aristocratici di Napoli, tanto che gli venne offerta la direzione del Conservatorio di Mosca.
Ma egli non volendo rinunciare alle sue radici e ormai prossimo al matrimonio rifiutò la prestigiosa offerta.
Il 1925 fu l’anno di ’O paese d’ ’o Sole. Il brano fu presentato alla Piedigrotta ma non raccolse l’entusiasmo degli organizzatori che infatti la affidarono ad una giovane esordiente, Leda Ledi.
Il pubblicò, al contrario, accolse la canzone in maniera entusiastica e il successo fu straordinario e immediato. Tanto che i più affermati cantanti, che l’avevano snobbata nella prima serata, avrebbero voluta interpretarla nelle serate successive. Ma gli autori furono irremovibili e vollero si continuasse anche per le restanti serate con Leda.
Sulla tomba di D’Annibale incisi i versi di ’O paese d’ ’o Sole
Nel 1925 con quasi un secolo di anticipo su Pino Daniele, Lucio Dalla e Paul McCartney, tanto per citarne alcuni, il maestro d’Annibale utilizzò piazza Plebiscito per un “concerto”. In effetti era una serenata che aveva composto in omaggio alle nozze del Principe Umberto di Savoia e Maria Josè del Belgio. E con la sua direzione fu eseguita in piazza Plebiscito da un’orchestra di 200 elementi.
Il suo sodalizio con Libero Bovio fu più intenso che con altri. Ma questo non gli impedì di musicare anche i testi dei più grandi poeti napoletani dell’epoca. Da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da Giovanni Capurri a E.A. Mario.
Adesso riposa a Napoli nel Cimitero di Poggioreale, nel Recinto degli uomini illustri. Un’area che riunisce le spoglie mortali di grandi personaggi che hanno dato lustro a Napoli e all’Italia.
E tra questi Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Vincenzo Gemito, Raffaele Viviani, Ferdinando Russo, E.A. Mario, Luigi Settembrini, Francesco De Sanctis.
Però spesso vengono a questi grandi nomi personaggi che non ci sono mai stati. Come Enrico Caruso, Totò, Nino Taranto e la famiglia Scarpetta – De Filippo, Mario Merola. Costoro riposano tutti al cimitero di Santa Maria del Pianto.
Sulla tomba di Vincenzo d’Annibale, come già accennato, è posto un pentagramma sul quale sono incise due strofe tratte della sua canzone di maggior successo, ’O paese d’ ’o Sole:
Dint’a ‘sti qquatto mure io stò cuntento:
Mamma me sta vicino e nenna canta.
’O paese d’ ’o Sole
Ogge stò tanto allero
Ca quase quase mme mettesse a chiagnere
Pe’ ‘sta felicità!
Ma è overo o nun è overo
Ca sò turnato a Napule?
Ma è overo ca stò ccà?
‘O treno steva ancora ‘int’ â stazione
Quanno aggio ‘ntiso ‘e primme manduline.
Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole!
Chist’è ‘o paese d’ ‘o mare!
Chist’è ‘o paese addò tutt’ ‘e pparole
Sò doce o sò amare,
Sò sempe pparole d’ammore!
‘Sta casa piccerella,
‘Sta casarella mia ‘ncoppo Pusilleco,
Luntano, chi t’ ‘a dà?
‘Sta casa puverella,
Tutt’addurosa ‘anepeta,
Se putarria pittà.
‘A ccà ‘nu ciardeniello sempe ‘nfiore
E de rimpetto ‘o mare, sulo ‘o mare.
Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole!
Chist’è ‘o paese d’ ‘o mare!
Chist’è ‘o paese addò tutt’ ‘e pparole
Sò doce o sò amare,
Sò sempe pparole d’ammore!
Tutto, tutto è destino!
Comme putevo fà furtuna a ll’estero
S’io voglio campà ccà?
Mettite ‘nfrisco ‘o vino,
Tanto ne voglio vevere,
Ca mm’aggi’ ‘a ‘mbriacà!
Dint’a ‘sti qquatto mure io stò cuntento:
Mamma me sta vicino e nenna canta.
Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole!
Chist’è ‘o paese d’ ‘o mare!
Chist’è ‘o paese addò tutt’ ‘e pparole
Sò doce o sò amare,
Sò sempe pparole d’ammore!
Il paese del Sole
Oggi sono tanto allegro
Che quasi quasi mi metterei a piangere
Per questa felicità!
Ma è vero o non è vero
Che sono tornato a Napoli?
Ma è vero che sono qua?
Il treno stava ancora nella stazione
Quando ho sentito i primi mandolini.
Questo è il paese del sole!
Questo è il paese del mare!
Questo è il paese dove tutte le parole
Sono dolci o sono amare,
Sono sempre parole d’amore!
Questa casa piccola,
Questa casetta mia a Posillipo,
Lontano, chi te la dà?
Questa casa poveretta,
Tutta odorosa di mentuccia,
Si potrebbe dipingere.
Da qua un giardinetto sempre in fiore
E di fronte il mare, solo il mare.
Questo è il paese del sole!
Questo è il paese del mare!
Questo è il paese dove tutte le parole
Sono dolci o sono amare,
Sono sempre parole d’amore!
Tutto, tutto è destino!
Come potevo far fortuna all’estero
Se io voglio vivere qua?
Mettete in fresco il vino,
Tanto ne voglio bere
Che mi devo ubriacare!
Tra queste quattro mura io sono contento:
Mamma mi è vicino e la mia amata canta.
Questo è il paese del sole!
Questo è il paese del mare!
Questo è il paese dove tutte le parole
Sono dolci o sono amare,
Sono sempre parole d’amore!
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